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La classificazione dei rifiuti permette di distinguere tipologie molto diverse di rifiuto che occorre saper distinguere ai fini di una corretta gestione e di un efficace smaltimento nonché per tutelare l’ambiente valorizzando, inoltre, eventuali scarti. I rifiuti prevedono una classificazione precisa che include quattro categorie distinte:
Secondo il D.Lgs 3 dicembre 2010- che va ad esplicare le disposizioni della Direttiva 2008/98/CE, il termine rifiuto si riferisce a “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”
Questa definizione include qualsiasi attività di smaltimento o recupero o rivalutazione del rifiuto, sia esso prodotto da un privato oppure da un’azienda.
Secondo l’articolo 184, i rifiuti vengono classificati in base alla loro origine e suddivisi quindi in urbani, speciali, non pericolosi e pericolosi.
Tale classificazione avviene secondo quanto previsto dal Catalogo Europeo dei rifiuti (CER) che contiene un elenco esaustivo di ogni tipologia di rifiuto.
Ad ogni rifiuto è assegnato quindi un codice CER composto da tre coppie di numeri:
La catalogazione dei rifiuti è indispensabile e fondamentale, e i suoi effetti si ripercuotono su qualunque altra fase successiva della gestione del rifiuto, inclusi gli adempimenti amministrativi legati a contabilità e tracciabilità dei rifiuti. La classificazione C.E.R. deve avvenire necessariamente prima che il rifiuto lasci il luogo di origine e deve essere gestita dal produttore a cui spetta assegnare il relativo codice CER secondo le disposizioni previste dalla decisione 2000/532/CE.
L'articolo 184 del D. Lgs 152/2006 si riferisce al principio secondo cui si classifica un rifiuto, partendo dall’ origine dello stesso. E’ possibile quindi identificare “rifiuti urbani” o “rifiuti speciali”, e il processo da cui essi vengono generati, oltre ovviamente allo stato (solido, polveroso, fangoso, liquido).
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La classificazione dei rifiuti speciali è utile ad individuare e poi smaltire una specifica categoria che interessa i rifiuti prodotti da attività industriali, aziende e presidi sanitari, e più precisamente tutti quelli che non hanno una provenienza urbana e che non contengono sostanze nocive, infette, tossiche, sensibilizzanti, mutageni o corrosive.
Secondo il decreto rifiuti, si definiscono rifiuti urbani tutti i rifiuti indifferenziati provenienti anche da raccolte domestiche.
La classificazione dei rifiuti pericolosi definisce tale un rifiuto che presenta una o più caratteristiche di pericolosità, ovvero:
Questa categoria include i rifiuti speciali aventi le caratteristiche di pericolosità individuate dalla normativa. Tra questi vi sono i rifiuti derivanti da:
e ancora;
e infine i rifiuti prodotti da:
La categoria dei rifiuti urbani pericolosi comprende tutti quei rifiuti urbani che, sebbene prodotti a livello civile, contengono sostanze pericolose (ad esempio pile oppure medicinali scaduti).
L’analisi di caratterizzazione del rifiuto è uno strumento a tutela del produttore che consiste, appunto, in un’analisi dettagliata che determina le caratteristiche del rifiuto attraverso una meticolosa raccolta delle informazioni necessarie ad un corretto e sicuro smaltimento finale. Tale procedimento può essere definito come un processo di analisi chimica che consente di determinare la pericolosità del rifiuto. In caso di pericolosità appurata è necessario identificare le caratteristiche di pericolo: infiammabile, corrosivo, cancerogeno, etc.
E’ necessario conoscere perfettamente il ciclo produttivo del rifiuto, ai fini di un’analisi precisa. Altrettanto fondamentale è la campionatura del rifiuto: occorre infatti effettuare un prelievo di un campione rappresentativo che presenti le caratteristiche della massa originaria di provenienza. Infine, occorre produrre una scheda di caratterizzazione del rifiuto da conservare e presentare a richiesta. La scheda deve riportare:
La classificazione e caratterizzazione dei rifiuti sono operazioni cruciali, soprattutto la seconda in quanto fornisce le informazioni fondamentali, come composizione, consistenza, tendenza a produrre percolato, possibilità di trattamento e altri parametri, utili a determinarne l’ammissibilità presso impianti di smaltimento o recupero.
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